La storia di Cyrus Audio inizia nei primi anni ‘80 del secolo scorso, quando alla Mission approda Peter Bartlett, progettista proveniente dalla NAD, in qualità di direttore tecnico, proprio per avviare la produzione di amplificatori da affiancare ai diffusori della Mission. Dieci anni dopo la Cyrus si è separata dalla “madre” Mission, diventando un’azienda a sé stante, sempre con la direzione tecnica di Bartlett.
Devo precisare che il Cyrus One ha chiare origini dall’amplificatore integrato Mission Cambridge 778 del 1983, dal quale eredita: l’aspetto esteriore (in pratica lo stesso alloggiamento), le tre manopole sul frontale (volume e selettori ingressi) e l’interruttore generale, nonché la progettazione della scheda madre, topograficamente molto simile a quella dei successivi modelli “One” e “Two”. Le differenze risiedono nel circuito, diverso dai successivi Cyrus soprattutto per l’amplificatore finale, equipaggiato con un push-pull di MOSFET complementari. Recentemente la Mission ha lanciato una riedizione del 778, rinominata 778X, da 45 Watt a canale su 8 Ohm, modernizzata con DAC interna, bluetooth, uscite coassiali, ottiche, ecc.
Il Cyrus One, che entra in produzione nel 1984, è un amplificatore integrato in classe AB da 25 Watt su 8 Ohm il cui stadio finale è equipaggiato con due NPN in simmetria quasi complementare, mentre il preamplificatore è basato sui circuiti integrati NE5534, LF353 e LM394, all’epoca lo stato dell’arte per realizzare un buon pre phono MM-MC.
Il tutto in un alloggiamento ben ingegnerizzato, inizialmente in plastica e in seguito pressofuso in lega di magnesio, molto più robusto e funzionale, mantenendo tuttavia sempre le compatte dimensioni originali, tanto da suggerirmi il nomignolo di “autoradio” dell’Hi-Fi, lo stesso con cui ho battezzato gli altrettanto compatti NAIM della serie NAP.
Il pannello frontale è minimalista e, come già accennato, reca soltanto l’interruttore generale, il led spia di accensione, le manopole del volume e dei selettori degli ingressi. Nessun controllo di tono, o loudness, o filtro passa-alto, passa-banda ecc., soltanto con il Cyrus Two è stato aggiunto il controllo di bilanciamento, coassiale con quello del volume. Sul retro, in orizzontale perché disposti direttamente sulla mother board, i connettori RCA degli ingressi e quelli di potenza di uscita.
Tutto questo secondo una certa scuola britannica: il NAD 3020 del 1978 per il pannello posteriore orizzontale dei connettori (qui ci vedo la mano di Bartlett che proveniva appunto dalla NAD) , e il NAIM NAP 110 del 1979 (un’altra ottima “autoradio” dell’Hi-Fi) per le dimensioni, la tipologia dell’alloggiamento e il frontale. In ogni caso macchine tutte accomunate dalla innegabile bruttezza, che avrà fatto inorridire i giapponesi, noti amanti dell’estetica anche ad ogni costo. Tuttavia, secondo una mia ben ferma convinzione, amplificatori sì brutti, ma dannatamente ben progettati e ben suonanti!
Gli schemi di questa macchina, al contrario dell’aspetto esteriore, non sono proprio minimalisti: la sola sezione finale di potenza conta più di 14-16 transistors a canale, a differenza delle altrettanto piccole macchine della NAIM che nella stessa sezione finale ne contavano poco più di una decina, ma sempre con quel push-pull in simmetria quasi complementare, che fu il motivo dei miei primi entusiasmi da audiocostruttore quando avevo sì e no vent’anni. Tutta la componentistica usata per la costruzione è di alta qualità e di noti brand di livello audiofilo.
Il Cyrus One fu subito accolto molto bene dal mercato degli audiofili, anche grazie ai prezzi abbordabili da molte tasche: all’esordio, nel maggio 1984, costava all’utente finale 130 sterline. Praticamente in contemporanea uscì anche il modello “Two”, caratterizzato da una potenza di uscita doppia (50 Watt su 8 Ohm), migliorie un po’ ovunque, e la possibilità di “irrobustirlo” con un alimentatore esterno ausiliario, il PSX, alloggiato in un contenitore metallico del tutto simile per costruzione e dimensioni a quello dell’amplificatore. Questa unità ausiliaria portava il Cyrus Two ad erogare 70 Watt a canale, e lasciando all’alimentatore interno il solo compito di rifornire la sezione preamplificatrice.
Anche il “Two” aveva un prezzo iniziale alla portata di moltissimi, 230 sterline; aveva, e ha tuttora, caratteristiche audio e musicali analoghe al “One”, ma ovviamente con sfumature e personalità abbastanza distinte. Ancora oggi il minore dei due fratelli Cyrus, pur con i suoi “pochi” 25 Watt, è molto ambito dagli amanti del vintage, che spesso lo preferiscono al “fratellone”, anche se più performante e potente.
Il successo dei due Cyrus fu notevole: dal 1984 al 1989, anno di chiusura della produzione, il Cyrus One totalizzò più di 34.000 unità costruite, mentre il “Two”, nello stesso periodo, fu prodotto in più di 13.000 esemplari. Cifre di tutto rispetto anche ai nostri giorni, in cui l’alta fedeltà non è più una questione di nicchia.
Ma come suonano questi due fratelli?
Entrambe i due Cyrus suonano bene, gradevolmente. Il “Two” esprime maggiore potenza, anche senza l’alimentatore ausiliario PSX, una migliore gamma medio-alta, con bassi solidi ma senza eccessi, anche se la scena qualche volta sembra restare confinata sul piano dei diffusori. Su questo aspetto è opinione diffusa che il fratello minore “One” offra una scena musicale un po’ più profonda e articolata, ma ha qualità leggermente inferiori, seppure accettabili, per gli ingressi phono (specialmente il MC), indubbiamente migliori nel “Two”. L’ascolto non è mai stancante, né eccessivamente eufonico, morbido, ben bilanciato e con quella sufficiente dose di “punch” che non guasta mai, soprattutto con diffusori non molto efficienti.
Insomma due piccoli amplificatori integrati, bruttini come da tradizione britannica, ma molto buoni per caratteristiche, costruzione e prestazioni musicali. Tenendo presente i costi contenuti, sia da nuovi all’epoca della loro produzione, sia ora come vintage, sono macchine che possono essere fatte funzionare con soddisfazione in molti impianti attuali.
Essendo trascorsi alcuni decenni dalla loro comparsa, queste macchine possono trarre indubbi benefici da una buona manutenzione generale, anche se, come già detto, i componenti scelti per la costruzione sono di ottima qualità. Dalla sostituzione mirata dei componenti più deperibili, come i condensatori elettrolitici, con altri nuovi nuovi, più performanti ed affidabili o a dielettrico non chimico, ne guadagneranno la riproduzione e l’ascolto.
Luciano Calvani
Mi rallegro di questa recensione. Sono un felice possessore di un Cyrus Two + Psx con Chario Academy One, dal lontano 1994. Ero indeciso sull’opportunità di inviarlo alla Casa Madre per una revisione/recap, ma questa recensione mi ha definitivamente convinto a farlo .