Il nome di questa macchina non deriva da un particolare stato di ira del suo costruttore, ma è in realtà stato coniato da Lucio Cadeddu per un progetto di Ruggero Sanna di diversi anni fa e pubblicato su TNT Audio, la celebre e autorevole rivista online, frequentatissima da audiocostruttori e audiofili. Il progetto dell’”Insulto Finale” a sua volta è ispirato al precedente e più vecchio “Scherzo” di Lucio Chiomenti.
Perché Insulto Finale? Perché si tratta di un amplificatore finale super economico da costruire, grazie a pochi componenti facilmente reperibili ma con una qualità audio più che buona. Quindi “Insulto” per l’estrema semplicità ed economia ma non per il risultato sonoro. Il criterio di semplicità circuitale non è nuovo: un esempio illustre viene dal designer tedesco Dieter Rams che in molti suoi progetti elettronici per Braun utilizzò pochi componenti ma ottimamente impiegati: in questo modo evitò la “perturbazione” indotta da circuitazioni complicate, spesso senza motivazioni fondamentali per il miglioramento del risultato finale.
L’idea di realizzare questo piccolo prodigio dell’Alta Fedeltà autocostruita nasce dalle conversazioni serali tra Federico Carioligi e Luca Mattolini, rispettivamente presidente e socio storico del Nuvistoclub, sulla base dello spunto di un articolo scritto e pubblicato da Lucio Cadeddu, appunto su TNT Audio. Su proposta di Luca, Federico si convince ad avviare questa nuova avventura, così come avverrà in seguito per l’originale progetto del “Marzianino”, già pubblicato in questa rubrica.


La prima versione del prototipo, realizzata su tavola di legno, non usa due trasformatori di alimentazione come il progetto originale di TNT: fatto salvo quello per i filamenti, per l’anodica si utilizza la tecnica del collegamento in serie dei secondari a bassa tensione di due trasformatori, così da ottenere sul primario di uno dei due la necessaria tensione. Questa è una vecchissima soluzione adottata da riparatori e audiocostruttori, quando diventa difficile o antieconomico reperire un trasformatore per l’anodica con il preciso valore di tensione richiesto dal circuito.
La tecnica di usare due trasformatori in cascata, anche se inconsueta, offre il vantaggio di poter realizzare l’alimentazione di un circuito valvolare utilizzando trasformatori di uso comune e facilmente reperibili in sostituzione di un unico trasformatore, magari costoso e non sempre disponibile. Per questa procedura non esistono grosse controindicazioni, se non quella determinata dal fatto che un primario diventa l’avvolgimento di uscita, con la conseguente limitazione di corrente disponibile. Inoltre, bisogna tenere in conto che le potenze vanno sovradimensionate. Se questi limiti sono accettabili, nel caso in cui si debba alimentare un preamplificatore o un piccolo amplificatore, per un finale è obbligatorio scegliere un trasformatore tradizionale di potenza adeguata.
Terminata la costruzione del prototipo, come da schema originale, arrivò il momento di provare l’Insulto Finale, non senza pochi dubbi sui risultati. Federico collega in aria libera un vecchio altoparlante JBL all’amplificatore e, meraviglia! Le aspettative fino a quel momento prossime allo zero, si rivelarono invece sorprendenti. Senza esagerare, l’Insulto Finale aveva “folgorato” Federico sulla via di Damasco. Ma non elettricamente, si badi bene!
Si decise che questo amplificatore meritava pertanto maggiori attenzioni costruttive, come l’adozione di un unico trasformatore per i filamenti e l’anodica, anziché i due con i secondari in serie, la trasformazione del Pi Greco resistivo in induttivo e l’adozione di trasformatori di uscita di buona qualità, in sostituzione di quelli economici del prototipo. Lo stadio finale è inoltre configurato per poter funzionare a pentodo od a triodo, configurazione quest’ultima di default e con o senza controreazione: questa selezione è possibile anche durante il funzionamento, tramite un commutatore. Un potenziometro posto all’ingresso permette di regolare il volume, così da poterlo usare come amplificatore integrato.


Anche l’aspetto estetico è stato reso più gradevole con un telaio totalmente in legno massello realizzato in noce nazionale da un artigiano. Si noti che l’Insulto Finale non ha alcun telaio metallico ed è privo di schermature.


All’ascolto l’Insulto Finale rivela sorprendentemente una scena audio ben delineata e tridimensionale, specialmente nelle riproduzioni di pezzi orchestrali anche con numerosi strumenti. Mai stancante, anche quando si esclude la controreazione, con l’unica avvertenza di contenere il livello di uscita per evitare fastidiose distorsioni per la bassa potenza erogabile come triodo. L’amplificatore, per le sue caratteristiche teoricamente modeste in termini di potenza, ben si accoppia con diffusori di alta efficienza, e di modulo di impedenza non tormentato. In queste condizioni l’Insulto Finale riesce tranquillamente ad esprimere tutte le sue ottime doti di riproduzione, seppure con il suo modesto watt e mezzo di potenza, generalmente ritenuto ridicolo e insufficiente per avere una buona riproduzione audio in alta fedeltà. Cosa che a lui invece riesce particolarmente bene. Come nel paradosso del calabrone: per le teorie dell’aerodinamica e della meccanica del volo non potrebbe volare. Ma lui non lo sa, e vola benissimo, in barba alle teorie della fisica.


La bontà di questo piccolo amplificatore è tale che nel tempo sono stati costruiti altri esemplari dell’Insulto Finale, diversi tra loro soltanto per la finitura costruttiva ed estetica ed alcuni accorgimenti circuitali, come l’accensione ritardata, il selettore degli ingressi e dell’impedenza di uscita, configurabile tra 4 e 8 ohm.
Valvole: 1 PCL86
Banda passante: 20 – 40 kHz
Distorsione a 1,5 W: 5%
Luciano Calvani